Proterra

L’uso delle anfore nella produzione del vino risale al Caucaso, in Mesopotamia, precisamente nell’attuale Armenia, Azerbaijan e Georgia, dove sono state rinvenute anfore utilizzate per la produzione di vino, risalenti a circa 7000 anni fa. Nel corso dei secoli, i produttori georgiani hanno conservato le antiche tecniche di produzione.

Originariamente, il vino era strettamente legato all’uso delle anfore: i vini prendevano vita, maturavano e venivano trasportati in queste terracotte, denominate Qvevri.

Le anfore arrivarono in Italia con i Greci, diffondendosi grazie agli Etruschi e agli Italici. Il connubio tra vino e terracotta rappresentava una soluzione naturale e semplice, sfruttando le straordinarie proprietà isolanti della terracotta per conservare il vino.

I Piceni hanno giocato un ruolo cruciale in questa lunga tradizione, con il Vino in Anfora come testimone, coltivando uve autoctone come il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Lacrima di Morro d’Alba.

Il vino prodotto in anfora sembra avere caratteristiche fuori dal comune. Sembra più simile ad una pozione magica, capace di risvegliare una parte del nostro Inconscio Collettivo, come direbbe Carl Gustav Jung!

Il vino della Terra offre una complessità che coinvolge il palato, generando emozioni istintive e ancestrali. Bevendolo, si avverte un richiamo commovente a sensazioni antiche: nell’antichità, il vino era nutrimento, non solo una bevanda sociale. Il vino prodotto in anfora riesce a risvegliare una memoria antropologica, ricollegandoci a una storia genetica in cui l’uomo ha sempre bevuto vino. L’avvento dell’enologia moderna ha portato a una perdita di questa esperienza, con vini concentrati sui profumi primari. Il movimento del Vino Naturale non è solo moda, ma un richiamo al nostro DNA, un risveglio sensoriale che riconnette le nostre cellule ancestrali alla memoria perduta attraverso gusto e olfatto.

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